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martedì 15 novembre 2011

Delitti : La strage di famiglia

Delitti : La strage di famiglia


La proverbiale memoria corta della stampa italiana ha notato in maniera appena larvata le profonde analogie, se non addirittura le somiglianze, esistenti tra due orrendi massacri avvenuti a distanza di un quarto di secolo l’uno dall’altro.
Come non considerare la sistematica eliminazione della famiglia Graneris quasi un precedente - simile nella modalità e uguale nel contenuto - dell’ormai tragicamente famoso duplice delitto di Novi Ligure?
Doretta Graneris e Guido Badini come Erika De Nardo e Omar Favaro? Ne parleremo più avanti. Per cominciare è necessario ricostruire una delle più orribili vicende accadute nel dopoguerra, stranamente caduta nel dimenticatoio: il massacro di Vercelli.
E’ la sera del 13 novembre 1975. Tre generazioni della famiglia Graneris sono raccolte davanti alla tv in una villetta alla periferia di Vercelli quando suonano alla porta. E’ la figlia più grande, Doretta, 18 anni compiuti da qualche mese, che porta a casa il fidanzato Guido Badini e l’amante di lei, Antonio D’Elia. In pochi attimi il destino di cinque persone si compie. I tre, pistole alla mano, cominciano il massacro: colpiti cadono uno ad uno i nonni di Doretta, Romolo Zambon e la moglie Margherita; il padre, Sergio e la madre, Itala, nonché il fratellino di 13 anni, Paolo. Cinque vittime di un disegno criminale lungamente vagheggiato e preparato con ogni cura: le pistole acquistate al mercato nero, un’auto rubata per giungere sul luogo del delitto che subito dopo verrà data alle fiamme, un’altra noleggiata che dovrà portare lontano i tre criminali. Un massacro premeditato.
Movente del delitto? All’apparenza - ma tre processi non riusciranno a dare contenuto ad altre inquietanti ipotesi - solo l’avversione di Doretta per i suoi, ma anche l’ansia di entrare in possesso dell’eredità di una famiglia non ricca, ma certamente benestante.
Un massacro allestito con attenzione, ma non un delitto perfetto. I tre finiscono in manette in pochissime ore. I carabinieri che cercano Doretta e Guido per dar loro l’orrenda notizia non li trovano a Novara, dove Badini, 21 anni, ragioniere, vive. Allora, alla ricerca di qualche indizio che consenta di rintracciarli, aprono l’auto di lui, non usata per il delitto muliplo, e trovano all’interno un bossolo, uno di quelli sparati nella casa di Vercelli: chissà come - forse rimasto sugli abiti di Guido o di Doretta - era scivolato sul pianale dell’auto. E’ la prova decisiva. Arrestati, i due crollano all’istante e comincia un lungo estenuante gioco allo scaricabarile: Doretta accusa gli altri due di averla drogata, Guido tenta la carta dell’uomo plagiato, il terzo assassino, Antonio, uno sbandato coinvolto da lei nel progetto criminale grazie a regalie sessuali, rimane impigliato in quella ragnatela di confessioni e ritrattazioni.
Al processo la vicenda finirà con il complicarsi: emergerà appieno la personalità di Doretta Graneris: egoista, egocentrica, sessualmente affamata, ragazza insoddisfatta e dominatrice. Guido Badini - di cui si scoprirano le frequentazioni in ambienti di destra - verrà accusato, oltre che del massacro Graneris, anche di aver ucciso una prostituta (alla sbarra finiranno anche un’altra prostituta, il suo protettore, nonché due fascistelli esaltati - tutti busti del duce, teschi e pugnali - imputati di complicità nella strage).
Né Guido, né Doretta riusciranno nell’impresa di ottenere l’infermità (o almeno la seminfermità) mentale. Infermo di mente (almeno in primo grado) sarà dichiarato Antonio D’Elia.
Dopo due condanne nei due gradi di giudizio (ergastolo per la coppia diabolica e 24 anni per Antonio), la Cassazione chiuderà il caso.
Nel 1993 Doretta Graneris, che in carcere si è laureata in architettura, dopo aver scontato 18 anni, ha ottenuto la semilibertà per lavorare nella comunità torinese di Don Luigi Ciotti.


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