Delitti : Il boia di Albenga
Agli agenti di polizia che quel 3 aprile 1970 entrano nell’appartamento di via Pallavicini 52, intestato a Luciano Luberti, già condannato a morte e poi amnistiato per una strage nazifascista avvenuta nel 1944, la scena che si presenta è agghiacciante: in un lezzo che toglie il respiro, steso su un letto, circondato da fiori marci e da bottigliette di lisoformio, c’è il cadavere di una donna.
Quel corpo, ormai in avanzato stato di decomposizione, giace in quella assurda e macabra messinscena da quasi tre mesi. Come le perizie appureranno, la donna, Carla Gruber, amante e convivente di Luberti, è infatti spirata con un colpo di pistola al polmone sinistro il 18 gennaio 1970. E lui, l’uomo marchiato da quel terribile soprannome, il “boia di Albenga”, due giorni dopo la morte della donna, ha chiuso l’appartamento e si è dileguato. Ma sarà sempre lui, con una lettera, a far ritrovare il corpo di Carla.
Comincia così una storia allucinante: una storia di amore e di morte in cui qualcuno volle anche intravedere una matrice politica che, però, non sarà mai processualmente dimostrata.
Una trama che si dipanerebbe attorno alla strage di piazza Fontana - di appena un mese precedente la morte della Gruber - ed in particolare sulla scomparsa, il 25 dicembre 1969, del cassiere del Fronte nazionale del principe nero Junio Valerio Borghese, Armando Calzolari, trovato morto il 28 gennaio 1970, dieci giorni dopo la morte della donna di Luberti, anch’egli legato agli ambienti del Fronte.
Occorreranno due anni, prima che Luberti cada nelle mani della polizia. Lo scoveranno in un appartamento di Portici nel luglio del 1972 e per catturarlo occorrerà un lungo conflitto a fuoco.
La storia d’amore di Luciano e Carla è una storia ben strana: quando si incontrano, nel 1956, Lui ha 35 anni, lei 18. Lui è un dirigente della Publiaci, un’agenzia pubblicitaria cattolica, lei, profuga giuliana, la sua segretaria. Tre anni dopo Carla sposa un altro profugo giuliano e dal matrimonio nascono tre figli. Nel 1964 però Carla diventa l’amante di Luberti, anche lui sposato e con tre figli. E i due vanno a vivere assieme in un appartmento di Ostia. Lei è bella, sensuale, affascinante e non disdegna di tradirlo con altri uomini: comincia tra Luciano e Carla un periodo di grandi tensioni, di grandi passioni, di un amore malato, destinato, fatalmente, a sfociare nella morte.
Al processo Luberti negherà sempre di averla uccisa. “Carla si è suicidata”, ripeterà in modo ossessivo. In primo grado sarà condannato a 22 anni di reclusione. Le perizie psichiatriche firmate dal prof. Aldo Semerari - legato agli ambienti di destra, ma anche uomo dei servizi segreti, in combutta con la Camorra, trovato decapitato a Roma il 1 aprile 1982 - gli consentiranno l’assoluzione in Appello e poi in Cassazione: “incapace di intendere e di volere al momento del fatto”.
Luciano Luberti è morto il 12 dicembre (data siginificativa!) 2002.
Aveva 81 anni.
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