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venerdì 25 febbraio 2011

L'Era Del Terrore : Incubo Cecenia

22 ottobre 2002: alcuni terroristi sequestrano oltre 800 persone in un teatro di Mosca e chiedono che i russi lascino la Cecenia. In 4 giorni e' tutto finito, ma la guerra continua.

STORIA
La prima traccia della presenza di soldati russi in territorio ceceno si ha nel 1577 quando i cosacchi si stabilirono nella regione del Terek. Parte dell'impero russo dal 1783, anche se con periodiche ribellioni (Imamato del Caucaso), Cecenia ed Inguscezia furono inglobate nella Repubblica Autonoma Socialista Sovietica Ceceno-Inguscia alla nascita dell'Unione Sovietica. Durante la Seconda guerra mondiale, i ceceni insorsero contro i russi sperando di approfittare dell'impegno dell'esercito sovietico su altri fronti per ottenere l'indipendenza, ma una volta che l'Armata Rossa ebbe ricacciato le truppe nemiche, Stalin ordinò una durissima punizione, accusando i ceceni di aver collaborato con i nazisti (non ci sono però prove storicamente valide a sostegno dell'accusa). Il 23 febbraio 1944 con l'Operazione Lentil in una sola notte mezzo milione di cittadini ceceni vennero deportati dal governo centrale sovietico nella repubblica sovietica del Kazakhstan. Qui i ceceni vennero isolati e le famiglie disperse nel tentativo di "decaucasizzare" i ribelli. Fu loro concesso di ritornare alla loro regione d'origine solo nel 1957.

La prima guerra cecena (1991-1996)
Dopo il collasso dell'Unione Sovietica in Cecenia nacque un movimento indipendentista che entrò in conflitto con la Russia, non disposta a riconoscere la secessione della Cecenia. Tra i motivi dell'opposizione russa vi sono anche la produzione petrolifera locale e soprattutto il passaggio sul territorio ceceno di oleodotti e gasdotti. Džokhar Dudaev, il presidente nazionalista della repubblica cecena, dichiarò l'indipendenza della nazione dalla Russia nel 1991. Nella sua campagna elettorale presidenziale del 1990 Boris Eltsin aveva promesso di riconoscere le richieste di autonomia amministrativa e fiscale dei governi federati, spesso disegnati su base etnica in epoca sovietica e il 31 marzo 1992 la Duma (presieduta da Ruslan Khasbulatov, un ceceno) approvò una legge in tal senso, in base alla quale Eltsin e Khasbulatov firmarono il Trattato della Federazione (Russa), che definiva la divisione dei poteri fra i due livelli di governo, con 86 degli 88 territori interessati. Il Tatarstan firmò nella primavera del 1994, mentre nel caso della Cecenia, che rifiutava di ritirare la dichiarazione di indipendenza, nessuna delle due parti tentò seriamente di trattare. Nel 1994 il presidente russo Boris Eltsin inviò 40.000 soldati nella repubblica per impedirne la secessione e dando avvio alla prima guerra cecena. La Russia si è trovata presto in una situazione difficile, paragonabile a quella già sperimentata in Afghanistan. Le sue truppe mal equipaggiate e poco motivate subirono sconfitte anche notevoli ad opera dei ribelli ceceni. Le truppe russe riuscirono a prendere il controllo di Groznyj, la capitale, solo nel febbraio del 1995, e a uccidere Dudaev il 21 aprile 1996 tirando intenzionalmente un missile sul luogo in cui si trovava.
A fine agosto 1996 Eltsin si accordò con i leader ceceni per un cessate il fuoco (firmato a Khasavyurt, in Daghestan) che portò nel 1997 alla firma di un trattato di pace. Alla fine della prima guerra russo-cecena (1991-96) viene eletto come primo Presidente della Cecenia Aslan Maskhadov, il comandante delle forze ribelli che firmò con il generale Aleksandr Lebed la tregua con le forze armate russe. Aslan Maskhadov è stato eletto con un mandato quadriennale in un'elezione tenuta sotto monitoraggio internazionale nel gennaio 1997, quando i separatisti rappresentavano una forza maggioritaria. Tuttavia una grave crisi economica, le continue azioni terroristiche di Shamil Basayev e la perdurante presenza di "signori della guerra" che sostituivano anche completamente l'autorità governativa ridimensionarono fortemente la figura del comandante Maskhadov.

La seconda guerra cecena (1999-2006)
Il conflitto tornò a divampare nel 1999, annullando de facto il trattato esistente, dando inizio alla seconda guerra cecena. Nell'agosto 1999, Shamil Basayev decideva di allargare lo spettro del conflitto al vicino Daghestan. A nulla sono serviti i tentativi di Aslan Maskhadov di ridurlo a più miti consigli. Più tardi Basayev fu autore del sequestro del Teatro Dubrovka nel 2002 e della Strage di Beslan nel 2004. Le truppe russe invasero la Cecenia nell'ottobre 1999, radendo al suolo la capitale Grozny. Nel 2001, Maskhadov promulgò un decreto che ne prorogava la carica per un altro anno. Non gli fu tuttavia possibile partecipare alle elezioni presidenziali del 2003, dato che i partiti separatisti furono posti fuori legge e che su di lui pendeva l'accusa di far parte di forze separatiste: Maskhadov fu costretto a ritirarsi sulle montagne. Dopo l'uccisione di Aslan Maskhadov ad opera dei servizi russi (avvenuta il 9 marzo 2005), il nuovo capo dei separatisti divenne Abdul Halim Sadulayev, esponente di quella "nuova guardia" stanca dei silenzi dell'Occidente e che non esitò nel settembre del 2005 a destituire i vecchi ministri del defunto Maskhadov, sostituendoli con personaggi più estremisti come Shamil Basayev. Il 17 giugno 2006 le truppe speciali russe hanno ucciso Sadulayev e il 9 luglio 2006 Shamil Basayev, l'uomo più ricercato in Russia, leader della guerriglia cecena, nel corso di un'operazione delle forze speciali russe, è stato ucciso insieme ad altri guerriglieri che si trovavano con lui in Inguscezia. La maggior parte della Cecenia è attualmente sotto il controllo dei militari federali russi. Dopo il massacro di Beslan nei media italiani non si è più sentito parlare della causa indipendentista Cecena, a partire dal 2007, anno al quale risale l'ultimo atto rivendicato dal movimento indipendentista.

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L'Era Del Terrore I Talebani

Fino all'11 settembre 2001 ben pochi erano a conoscenza della situazione afghana. Poi Bush dichiaro' che i Talebani proteggevano Osama Bin Laden, e tutti conobbero la realta'.

I TALEBANI
Il termine talebani o talibani (in pashto: طالبان, ṭālibān, pronunciato ṭālebān, plurale di ṭālib, ossia "studenti/studente"), indica gli studenti delle scuole coraniche (incaricati della prima sommaria alfabetizzazione, basata esclusivamente su testi sacri islamici). Sono diventati famosi sugli organi di comunicazione di massa, che usa questo termine per indicare la popolazione fondamentalista presente in Afghanistan e nel confinante Pakistan.

Sviluppatisi come movimento politico e militare per la difesa dell'Afghanistan dall'invasione sovietica, i talebani sono noti per essersi fatti portatori dell'ideale politico-religioso che vorrebbe recuperare tutto il portato culturale, sociale, giuridico ed economico dell'Islam (almeno come da essi stessi inteso e interpretato) per costituire uno stato teocratico.

Dopo una sanguinosa guerra civile che li ha visti prevalere sui Tagiki e gli Uzbeki, essi hanno governato su gran parte dell'Afghanistan (escluse le regioni più a occidente e a settentrione) dal 1996 al 2001, ricevendo un riconoscimento diplomatico solo da parte di tre nazioni: Emirati Arabi Uniti, Pakistan e Arabia Saudita.

I membri più influenti, tra cui il Mullah Mohammed Omar, capo religioso del movimento, erano ulema (studiosi religiosi islamici), il cui livello d'istruzione islamica era peraltro limitato, impartito in semplici madrasa anziché negli istituti superiori di studio specializzati nelle scienze religiose.[senza fonte] Ostili ad adattare la loro patria alle società più moderne del pianeta, essi respinsero ogni tentativo di interpretazione che non fosse inquadrato nella più conservatrice tradizione spirituale e culturale del pensiero islamico, adottando un atteggiamento ferocemente repressivo nei confronti degli oppositori e facendo arretrare la condizione femminile a uno stadio assai peggiore di quello esistente nella fase monarchica dell'Afghanistan, precedente all'invasione da parte dell'Armata Rossa.

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giovedì 24 febbraio 2011

La scienza segreta di Hitler

La scienza segreta di Hitler  



Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli scienziati tedeschi realizzarono terribili armi di distruzione di massa, ma le loro invenzioni furono importanti anche per lo sviluppo di aerei e sonde spaziali.
Un'analisi delle armi e delle importanti invenzioni realizzate dagli scienziati tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.

ATOMICA
La cosiddetta atomica di Hitler o atomica nazista è una teoria secondo la quale la Germania nazista avrebbe sviluppato una bomba sporca nel 1945. Tale teoria è stata esposta dallo storico berlinese Rainer Karlsch, che nel marzo 2005 pubblicò un libro dal titolo Hitler's Bombe, in cui sosteneva di avere le prove riguardanti lo sviluppo di tale tecnologia da parte dei nazisti. L'arma in questione non sarebbe comunque una vera bomba atomica, ovvero un'arma di tipo nucleare, ma sarebbe più vicina a un'arma di tipo radiologico, una "bomba sporca" quindi; oppure un ibrido nucleare-radiologico, prodotto dalle ricerche errate sulla fusione.
Malgrado un programma nucleare tedesco fosse effettivamente in corso, non esistono prove conclusive che quest'arma sia effettivamente esistita. La teoria ha trovato ampio spazio sui mass media, che hanno sempre trovato una fonte di interesse le ipotetiche armi segrete di Hitler.


Sviluppo e test dell'arma
Secondo Karlsch un gruppo totalmente distaccato dal progetto nazista sull'atomica, controllato dalle SS, dal 1944-1945, studiò in una base in Turingia, una sorta di atomica minore, quasi sicuramente una bomba sporca (vedendo le differenze sullo standard della fissione e la costruzione dell'effettiva arma). Diverse centinaia di prigionieri di guerra sarebbero morti a causa dell'esposizione a radiazioni sul luogo dell'esplosione.


Prove pro e contro l'esistenza dell'arma
La prova principale delle teorie di Karlsch è l'esistenza di un brevetto per armi al plutonio del 1941.
Karlsch cita inoltre un testimone dell'esplosione di Ohrdruf e un altro dei corpi carbonizzati delle vittime. Egli sostiene anche di avere campioni radioattivi del terreno dei siti. Le testimonianze coincidono con quelle di Luigi Romersa che nel suo libro "Le armi segrete di Hitler" rivela di essere stato testimone oculare di un esperimento condotto nell'isola di Rügen, nel Mar Baltico. La testimonianza è stata ripetuta anche nel documentario "In missione per Mussolini" realizzato da History Channel. Al processo di Norimberga nel 1946, il ministro degli armamenti Albert Speer venne interrogato dai magistrati circa l'esplosione di Ohrdruf, nel tentativo di poterlo ritenere responsabile per quelle vittime.
Lo scrittore sostenne inoltre che vi sarebbero prove nelle parti ancora nascoste del programma nucleare tedesco sotto la guida di Kurt Diebner.Lo storico tedesco ha individuato anche il luogo dove il gruppo di ricerca guidato da Diebner, al centro sperimentale di Gottow, nei dintorni di Berlino, coperto dal segreto di Stato, riuscì a costruire un reattore nucleare tra il 1943 e il 1944 e addirittura ottenne sia pur per pochi minuti o ore una reazione a catena nell'autunno del 1944. I test condotti da fisici di una università tedesca confermerebbero la scoperta. È noto che Heisenberg non riuscì mai a costruire un reattore funzionante.
Nel febbraio 2006 sono stati eseguiti dei test in Turingia, per verificare la presenza anormale di un'alta radioattività nell'ambiente. I risultati sono stati resi pubblici dallo Physikalisch-Technische Bundesanstalt: sono stati rilevati livelli fuori norma di radiazioni, considerando che l'esperimento è stato effettuato nel 1944 e che non si trattò di una bomba atomica come quella di Hiroshima. Qualcuno, più per motivi ideologici che per evidenze scientifiche, ha cercato di minimizzare i risultati paragonandoli impropriamente agli alti livelli ancora presenti a Chernobyl, dopo l'incidente nel 1986 dimenticando le differenze tra i due eventi ed il fatto che Hiroshima dopo il bombardamento nucleare (6 agosto 1945) sia stata ricostruita esattamente dove era e che oggi vi abitino oltre 2 milioni di persone ad indicare il decadimento del livello di radioattività. La pubblicazione di questi risultati ha dato risalto alla tesi della esistenza di una "bomba sporca" tedesca che se fosse stata perfezionata e posizionata su una V2 avrebbe potuto provocare gravissimi danni agli Alleati.

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mercoledì 23 febbraio 2011

Delitti : Le Stragi Di Ludwig

Delitti : Le Stragi Di Ludwig


Castiglione delle Stiviere, 1984. Una catena di sangue che terrorizza Lombardia, Veneto e Germania con 28 morti. Una sola missione: punire gli emarginati.......

Le stragi di Ludwig
Castiglione delle Stiviere, 1984
Perché si chiamasse “Ludwig” non si è mai scoperto. Ma tra il 1977 e il 1984 “Ludwig” uccide 15 persone tra il Veneto la Lombardia e Monaco di Baviera. “Siamo gli ultimi eredi del nazismo. Il fine della nostra vita è la morte di coloro che tradiscono il vero Dio” scrive Ludwig in una delle rivendicazioni che puntualmente invia dopo ogni delitto, concludendo sempre con il motto “Gott Mit Uns”. Dall’eliminazione individuale di persone che considera indegne di vivere, passa alle stragi, incendiando un cinema a luci rosse e una discoteca. Ma chi c’è dietro Ludwig? Due insospettabili, giovani rampolli della Verona bene, Wolfgang Abel e Marco Furlan. Catturati per caso a Castiglione delle Stiviere durante il tentativo di una terza strage, sono dichiarati seminfermi di mente e condannati in Assise a 30 anni, ridotti a 27 in Appello e in Cassazione. Oggi Abel e Furlan sono liberi. Ma hanno sempre negato di essere Ludwig.


sabato 19 febbraio 2011

Delitti : La Circe della Versilia

La Circe della Versilia



Forte dei Marmi, 1989
Nella notte fra il 16 e il 17 luglio del 1989, Luciano Iacopi, 69 anni, un discusso affarista, viene ritrovato morto nel garage della sua villetta a Forte dei Marmi, assassinato da 18 coltellate. I sospetti cadono sulla moglie, Maria Lugia Redoli, cinquantenne appariscente e chiacchierata, e sull’amante di lei, Carlo Cappelletti, 24 anni, ex carabiniere a cavallo. I due si proclamano innocenti e l’Assise li assolve. Ma con un clamoroso colpo di scena, l’appello li condanna all’ergastolo, pena confermata in Cassazione. Oggi sono ancora in carcere, non sono più amanti ma continuano a proclamarsi innocenti.
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Nome: MARIA LUIGIA REDOLI nata a Torino, 4 aprile 1939
Nome: CARLO CAPPELLETTI nato a Latina, 17 marzo 1965
Vittima: LUCIANO IACOPI, 69 anni, ucciso a Forte dei Marmi nella notte tra il 16 e 17 luglio 1989
Arresto: 5 agosto 1989
Condanna: ASSISE (17 aprile 1990): assolti; APPELLO (16 febbraio 1991): ergastolo; CASSAZIONE (23 settembre 1991): ergastolo

martedì 15 febbraio 2011

Delitti : Il Mostro Di Foligno

Delitti - Il Mostro Di Foligno

Il mostro di Foligno
Foligno, 1992. Due bambini vengono trovati morti a pochi mesi di distanza nella tranquilla campagna umbra. È stato un insospettabile, Luigi Chiatti, il figlio adottivo di un noto medico della zona. Il movente va ricercato in un orfanatrofio, molti anni prima.

Nome: LUIGI CHIATTI
Nato a: Narni (Tr), 27 maggio 1969
Vittime: SIMONE ALLEGRETTI, 4 anni, ucciso a Maceratola di Foligno il 4 ottobre 1992; LORENZO PAOLUCCI, 13 anni, ucciso a Casale di Foligno il 7 agosto 1993
Arresto: 7 agosto 1993
Condanna: ASSISE (28 dicembre 1994): 2 ergastoli; APPELLO (16 aprile 1996): 30 anni; CASSAZIONE (11 aprile 1996): 30 anni
 
I FATTI:
Il 4 Ottobre 1992, Simone Allegretti, un bimbo di 4 anni e mezzo di Casale, un paesino vicino a Foligno, scomparve da casa.
Venne cercato per giorni, ma senza risultato. Scartata l'ipotesi di un rapimento ai fini dell'estorsione, a causa delle modeste condizioni economiche della famiglia, si fece strada l'idea che il bimbo fosse rimasto vittima di qualche maniaco.
I giornali ipotizzarono immediatamente l'esistenza di un Mostro.
Pochi giorni dopo la scomparsa del bimbo, un agente immobiliare Stefano Spilotros, si costituì dichiarandosi autore dell'omicidio. Mentre Spilotros era ancora sotto indagine, in una cabina telefonica di Foligno venne rinvenuto il seguente messaggio, anonimo e senza data, scritto con un normografo su un foglio di carta quadrettata:
Aiuto, aiutatemi per favore!!
Il 4 ottobre ho commesso un omicidio.
Sono pentito ora, anche se non mi fermerò qui.
Il corpo di Simone si trova vicino alla strada che collega Casale e Scopoli. E' nudo e non ha l'orologio con il cinturino nero e il quadrante bianco.
PS: non cercate le impronte sul foglio, non sono stupido fino a questo punto. Ho usato dei guanti.
Saluti al prossimo omicidio,
Il Mostro.

Nel luogo indicato, nascosto in mezzo ai rifiuti, venne ritrovato il corpo del bambino. Morto per strozzamento, il piccolo aveva una ferita da coltello sul collo, molte contusioni, ma non aveva subito nessuna violenza carnale. Gli abiti erano sparsi attorno al corpo.
Le indagini si intensificarono nei giorni seguenti, ma la polizia brancolava ancora nel buio, anche a causa dei numerosi mitomani che si dichiaravano autori dell'omicidio di Simone utilizzando il numero verde istituito per raccogliere qualsiasi informazione.
Qualche giorno dopo l'autodenuncia di Spilotros, venne trovato nella stessa cabina un altro messaggio del Mostro:
Aiuto! Non riesco a fermarmi!
L'omicidio di Simone è stato un omicidio perfetto. Certo, è dura ammettere che sia così da parte delle forze dell'ordine, ma analizziamo i fatti.
1° Io sono ancora libero.
2° Avete in mano un ragazzo che non ha nulla a che fare con l'omicidio.
3° Non avete la mia voce registrata perché non ho effettuato nessuna chiamata. Quindi chi dice che ho telefonato al numero verde sbaglia.
4° Le telecamere non mi hanno inquadrato durante il funerale di Simone perché non ci sono andato. Siete completamente fuori strada.
Vi consiglio di sbrigarvi, evitando altre figuracce. Non poltrite.
Muovetevi. Credete che basti una divisa e una pistola per arrestarmi? Usate il cervello, se ne avete uno ancora buono e non atrofizzato dal mancato uso.
N.B. Perché ho detto che dovete sbrigarvi? Perché ho deciso di colpire di nuovo la prossima settimana. Volete saperne di più? Vi ho già detto troppo, ora tocca a voi evitare che succeda.
Il Mostro.

La promessa di uccidere ancora nell'arco di una settimana non venne mantenuta e le indagini, durate mesi, non approdarono a nulla.
Si giunse così al 7 agosto 1993, quando scomparve da casa Lorenzo Paolucci, un ragazzo di 13 anni. La nonna dichiarò che il giovane mancava da casa da circa 3 ore.
La polizia si mise subito in movimento, vennero organizzate squadre di volontari per esplorare i dintorni. Tra i volontari figurava anche Luigi Chiatti, un giovane Geometra di 23 anni, al momento disoccupato, che aiutò il nonno della vittima nelle ricerche.
Durante il tragitto, il serial killer ne approfittò per sbarazzarsi di alcune buste di plastica, all'interno delle quali, in seguito, verranno rinvenuti dei vestiti sporchi di sangue e la foto del piccolo Simone Allegretti, trafugata quattro mesi prima dal cimitero.
Il cadavere di Lorenzo venne in breve ritrovato, proprio dal nonno, vicino al ciglio di una strada. Evidenti scie di sangue fresco e tracce di trascinamento del corpo conducevano proprio ad una finestra dell'abitazione di Luigi Chiatti.
La polizia fece irruzione in casa: il pavimento del salone sembrava esser stato lavato in maniera grossolana, si intravedevano macchie di sangue; tracce ematiche erano presenti sul muro, su di un davanzale e sul prato davanti l'abitazione. Nella cucina venne trovato un secchio di plastica contenente uno strofinaccio ancora umido e uno spazzolone con il manico di legno. Il tutto venne sequestrato, insieme ad un orologio al quarzo rinvenuto lungo il percorso esterno della casa segnato dalle tracce.
Chiatti venne invitato a seguire gli agenti.
Quando giunse in caserma, indossava dei jeans che presentavano macchie ed aloni (probabilmente causati da sangue). Tutti i suoi indumenti vennero sequestrati, sulla cute si notavano alcuni segni, in particolare sulla schiena vi erano cinque ferite lineari e parallele.
I genitori del piccolo Lorenzo confermarono che l'orologio ritrovato era quello del figlio.
Luigi Chiatti venne arrestato con l'accusa di omicidio a danno di Lorenzo Paolucci e Simone Allegretti.
L'8 agosto 1993, il giorno dopo il ritrovamento il corpo di Lorenzo, Chiatti confermò al magistrato che lo interrogava di essere l'omicida.
Nei corridoi del commissariato, appena catturato, Chiatti ripeteva una specie di filastrocca ossessiva: "non sono stato io, io sono un bravo boy scout".

La psichiatra che lo ebbe in analisi durante il processo formulò una diagnosi di marginalità e di iposocializzazione.
Secondo la dottoressa, Chiatti denotava un "io" debole, e una certa anaffettività, uno scarso controllo degli impulsi e dispersione dell'identità, tuttavia si orientò verso un disturbo della personalità borderline, suscitando nei periti processuali una serie di dissensi.
Alla fine, la Corte d'Assise d'Appello di Perugia condannò Luigi Chiatti a trenta anni di reclusione, riconoscendogli la seminfermità mentale.
Nel 2004 e nel 2006, il 38enne Luigi Chiatti, senza assistenza legale, ha presentato personalmente una domanda per ottenere un permesso premio. Domanda che è stata puntualmente respinta dal Tribunale di Firenze.


venerdì 11 febbraio 2011

Delitti : La Mantide Assassina

Delitti : La Mantide Assassina


La mantide assassina
Il cadavere di Cesare Brin presenta vistosi segni di martellate. In due anni di indagini e processi, s'intrecceranno storie di amanti, gelosia e denaro.

Condannata a 26 anni per l’uccisione dell’amante Cesare Brin, quella che fu chiamata “la mantide religiosa” di Cairo Montenotte è attualmente in regime di semilibertà: lava e stira la biancheria in un albergo gestito da suore
Nella notte fra il 12 e il 13 giugno 1987 viene trovato il corpo senza vita di Cesare Brin, 55 anni, farmacista di Cairo Montenotte, il principale centro della Val Bormida divenuto noto, negli anni Ottanta, per le vicende ambientali legate allo stabilimento chimico dell’Acna di Cengio.
Cesare Brin, maggiorente della cittadina di Cairo, consigliere comunale della Democrazia Cristiana e presidente della locale squadra di calcio, risulta dall’autopsia, essere stato ucciso con un corpo contundente alla testa per poi essere finito a colpi di martello; il corpo è stato gettato in un dirupo a Monte Ciuto, sulle alture di Savona.
La prima a finire in carcere è l’amante del farmacista (sposato e padre di due figli che vivono con la madre a Rapallo). Si chiama Gigliola Guerinoni, 44 anni, due matrimoni falliti, una serie interminabile di spasimanti (più o meno fortunati). Gigliola è una bionda assai avvenente con gli occhi chiari; è stata infermiera ma poi è divenuta gallerista. Un po’ tutti la definiscono come una femmina fatale per il vorticoso giro di uomini che le ruota attorno. I giornali la descriveranno durante il processo come “la mantide di Cairo Montenotte”, dal nome della femmina dell’insetto che uccide il maschio dopo l’accoppiamento. Qualche giornale (non si sa bene se raccogliendo voci del paese) la definisce “bocca di rosa” per motivi che risulta superfluo spiegare in queste note.
Ma Gigliola non è la sola a sedere sul banco degli accusati. Uno dopo l’altro finiscono nelle indagini cinque uomini: Ettore Geri, settantasette anni, ex amante della Guerinoni, accusato di aver ucciso per gelosia il farmacista ma su istigazione della donna. Ma c’è anche un quartetto composto da un ex questore, Raffaele Sacco, da un consigliere comunale, Gabriele Di Nardo, dall’imbianchino Giuseppe Cardea e da Mario Ciccarelli, collaboratore della vittima. Tutti questi ultimi vengono accusati di occultamento del cadavere del farmacista Brin.
Le indagini sono laboriose e durano quasi quattro anni prima che si possa celebrare il processo. In realtà di cause se ne celebreranno tre. Con sentenze inequivocabili: Gigliola Guerinoni viene sempre riconosciuta come l’assassina di Cesare Brin. Ettore Geri, assolto in primo grado, viene in appello condannato per complicità con la donna.
Tutto sommato una storia criminale abbastanza lineare, se non fosse per la straripante personalità della Guerinoni e per la sua spregiudicatezza. Due elementi questi che, allora come oggi, finiscono per colpire l’opinione pubblica, disgustata ma contemporaneamente attratta dalla figura di Gigliola: una donna dominatrice di maschi, arrampicatrice sociale, orgogliosa ed abituata (sono parole contenute nella sentenza di primo grado) “a gestire lei il rapporto con gli uomini”.
Il delitto aveva preso le mosse dalla gelosia e dall’interesse. La gelosia era quella di Ettore Geri, l’ex amante. L’interesse, quello di entrambi: lei voleva molto denaro per finanziare la sua galleria d’arte; lui, Geri, voleva una discreta somma per farsi da parte. Eppure la vittima, in quel momento, non navigava in buone acque e anzi voleva tornare dalla moglie.
Durante il processo Gigliola Guerinoni recita molti ruoli: l’amante passionale, la madre ferita, la cinica avventuriera, l’ingenua tradita. Infilata in un tailleur bianco, pallida sotto il trucco leggero, i capelli biondi fermati da un nastro, è ancora bella nonostante i suoi quarant’anni passati. Provoca ancora turbamento negli uomini. Già, gli uomini. Gigliola, come s’è detto, ne ha avuti parecchi: una guardia notturna, un contabile, un arredatore, un farmacista (ahi lui, finito al cimitero). Insomma, uno per ogni esigenza: economica, amatoria, politica, giudiziaria.
Molto discretamente “la mantide” ne aggiunge anche un altro: quello del giudice istruttore Maurizio Picozzi, ex pretore di Cairo Montenotte, che ha avuto la insensibilità di rinviarla a giudizio e di non essere stato galante nei suoi confronti durante l’istruttoria. In una contorta memoria consegnata al presidente della Corte d’Assise (Franco Becchino è il suo nome...) Gigliola intende ricusare il giudice e rivela i particolari di una sorta di love story che avrebbe influenzato, in maniera negativa, tutta l’istruttoria, costruita per vendetta.
Nessuno le crede, ovviamente: si tratta di un ultimo tentativo di fermare il processo. Un processo che vede la sfilata di ben 114 testimoni fra cui mogli tradite, una per tutte la vedova di Cesare Brin.
Nelle more del processo d’appello, dopo la condanna a 24 anni di carcere, concede una intervista ad un settimanale. Le sue risposte sono quanto di più sconcertante si possa pensare. Eccone un esempio: “Di me hanno fatto scempio, hanno affondato il coltello nella mia vita privata e hanno gettato tutto in piazza; mi hanno tolto anche ciò che possedevo... Qui, nella mia casa, in attesa del giudizio d’appello, non ho più nulla... Si sono portati via i mobili, i termosifoni, i lampadari. Lo hanno fatto perché, dicono, le cose della Guerinoni hanno mercato e si vendono bene... Persino la biancheria mi hanno rubato... Quello che indosso mi è stato regalato dalla gente...”. Ed ancora: “C’è anche chi mi è vicino e mi offre il suo sostegno. Molti lo fanno di nascosto, per paura di avere noie dai Carabinieri, ma non importa. Io comunque li sento vicini e questo mi è di grande aiuto. Vengo da una famiglia religiosissima e sono abituata a dare. Nella mia vita ho dato molto e ora ricevere mi commuove”.
Oggi che fa Gigliola Guerinoni? Ha 58 anni, una parte dei quali, dopo il delitto di Cairo Montenotte, li ha trascorsi in vari istituti di pena italiani (Venezia, Cuneo e infine Rebibbia). E’ una detenuta in semilibertà con lavoro esterno. Nel carcere ci va solo di sera per dormire. Lavora presso un convento di suore, l’Istituto San Giuliano trasformato in albergo di un certo lusso a due passi da piazza Navona. Lava e stira la biancheria delle stanze.

Delitti : Il cacciatore di anoressiche

Delitti : Il cacciatore di anoressiche 


 Ultima vittima del 'cacciatore di anoressiche' e dopo aver subito ogni tipo di vessazione corporea, Monica Calò viene uccisa da 20 coltellate. È l'epilogo di un delitto annunciato.....

Marco Mariolini, il cosiddetto cacciatore di anoressiche, che sta attualmente scontando una condanna a 30 anni di carcere per l’omicidio di Monica Calò, sua compagna, che aveva deciso di ribellarsi alla sua crudele perversione.
Una perversione rara quella di Mariolini, che riguarda appunto le anoressiche, un’ossessione vera e propria per il corpo femminile ossuto, scheletrico, un desiderio così forte da spingere Mariolini ad uccidere.
Ma quello che sconvolge di più non è l’omicidio in sè, quanto il fatto che lo stesso Mariolini lo aveva annunciato pubblicamente in un libro, Il cacciatore di anoressiche edito dal Gruppo Edicom e che nessuno, psichiatri e forze dell’ordine, fosse intervenuto per evitare il tragico epilogo, ad ulteriore conferma dello stato attuale della giustizia italiana.

La vittima si chiamava Monica Calò ed aveva conosciuto Mariolini tramite un annuncio in un giornale.Già dal primo incontro il semplice interesse si era trasformato in amicizia e complicità, ma a l’uomo non bastava, voleva stringere quel corpo ossuto in ogni momento, voleva quella simbiosi che Monica non poteva offrirgli. Così la costringe, con ricatti e minacce, a mollare studi e famiglia e trasferirsi da lui.Da quel momento inizia quindi la prigionia della ragazza, costretta ad una dieta ferrea per raggiungere il peso forma da lui richiesto: 38 chilogrammi.Le minacce di morte anche verso la sua famiglia, costringono Monica a seguire le regole e perdere peso costantemente, fino al 3 giugno 1996, giorno in cui decide di ribellarsi.Lei finisce così agli arresti domiciliari per tentato omicidio, lui si fa ricoverare per depressione e stress ed è proprio in questo periodo che scrive il libro , vera e propria cronaca di un delitto annunciato.Due anni dopo, il 14 luglio 1998, l’ossessione per Monica e per il suo corpo scheletrico raggiunge il suo punto massimo con il tragico epilogo: 22 coltellate e una condanna a 30 anni di carcere mettono fine una volta per tutte a questa triste vicenda.Nel 2004 esce il film Primo Amore del grande Matteo Garrone, che si ispira proprio alla vicenda di Mariolini.

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mercoledì 9 febbraio 2011

L'Uomo Che Terrorizzo' Il Mondo

L'Uomo Che Terrorizzo' Il Mondo

Fu uno dei criminali piu' pericolosi degli Stati Uniti, getto' la citta' di Los Angeles in uno stato di panico e di paranoia. Cosa trasformo' Charles Manson in un killer spietato?

Charles Milles Manson (Cincinnati, 12 novembre 1934) è un criminale statunitense, famoso per essere stato il mandante di uno dei più efferati omicidi della storia degli Stati Uniti d'America. Ha avuto vari soprannomi, tra cui "Mr. Satan" o "Satan Manson", e la sua espressione "diabolica" nonché la sua crudeltà, hanno reso il suo nome comunemente associato alla personificazione del male.
Gli omicidi

Il 9 agosto 1969 Manson pianificò e realizzò un'intrusione a Cielo Drive, un ricco quartiere di Los Angeles, con l'obiettivo di entrare nella villa al momento abitata da Roman Polanski e Sharon Tate, attrice e moglie del regista, incinta di 8 mesi, ed alcuni loro amici, tra cui Jay Sebring, parrucchiere dell'attrice, Abigail Folger, figlia dell'imprenditore del caffè "Folger", Wojiciech Frykowski, il fidanzato di Abigail. La villa era stata precedentemente occupata da Terry Melcher, artista e produttore musicale che aveva espresso inizialmente interesse nei riguardi di alcune canzoni composte da Manson, ma che successivamente si era rifiutato di scritturare Charles come musicista per la Columbia Productions; la villa divenne il simbolo di tutti coloro che l'avevano rifiutato. La notte in cui si consumarono gli omicidi Roman Polanski non era presente: si trovava infatti a Londra al lavoro su un progetto cinematografico.

Non è mai stato accertato se Charles aspettasse in auto o se rimase nel ranch dove risiedeva l'organizzazione; coloro che materialmente eseguirono gli ordini furono Charles "Tex" Watson (a cui Manson diede il comando della operazione stragista), Susan Atkins, Patricia Krenwinkel e Linda Kasabian. Questi si diressero verso la villa armati di coltelli, un revolver e un filo di nylon lungo 13 metri. Giunti sul posto, i quattro tagliarono i fili del telefono per impedire che venissero chiamate le forze dell'ordine una volta entrati. Ad eccezione di Linda Kasabian, che doveva coprir loro le spalle, gli altri tre scavalcarono la recinzione. Tuttavia vennero notati da un amico del guardiano della villa, Stephen Earl Parent, il quale venne ucciso immediatamente a colpi di revolver da Tex Watson.

Entrati nella villa i membri della The Family non ebbero nessuna pietà. Il primo a morire fu il parrucchiere Sebring, che implorò di lasciar in vita la Tate in quanto incinta, ma venne ferito con un colpo di revolver all'ascella e finito con una serie di coltellate. La successiva vittima fu Frykowski, che venne accoltellato da Susan Atkins. Stessa sorte anche per la Folger, accoltellata ripetutamente. L'ultima vittima fu Sharon Tate.

Con uno straccio intriso del sangue dell'attrice, Susan Atkins scrisse sulla porta, da cui avevano fatto irruzione, "PIG" ovvero maiale in lingua inglese: maiale è anche il termine statunitense con cui ci si riferisce in tono spregiativo alla polizia e Piggies è il titolo di una canzone dei Beatles. Sullo specchio del bagno venne scritto Helter Skelter: l'espressione inglese "helter skelter" indica i grandi scivoli di forma elicoidale dei Luna Park, e fu interpretata da Manson come "arrivo del caos" e "fine del mondo", anche questa è il titolo di una canzone dei Beatles. Non ci furono sopravvissuti al massacro, se non il regista stesso Roman Polanski, che era in realtà assente in quel periodo perché impegnato per motivi di lavoro in Inghilterra (aveva appena finito di girare Rosemary's Baby).

I massacri dell'organizzazione non si placarono, e il giorno seguente vennero uccisi l'imprenditore Leno LaBianca e sua moglie Rosemary: i due furono colpiti al petto con più di quaranta pugnalate a testa. Sulle pareti venne scritto “Death to pigs” col sangue delle vittime e sul frigorifero in cucina venne invece scritto, con una storpiatura grammaticale "Healter Skelter". Il cadavere di Leno LaBianca fu ritrovato con una forchetta conficcata nello stomaco.

Una ulteriore vittima di Manson fu un insegnante di musica, Gary Hinman, che qualche mese prima aveva dato ospitalità alla Family osando poi cacciarli. Anche lui venne accoltellato: sulla parete venne tracciata la scritta "Politician Pig", ovvero "Porco politico"; tali scritte vennero ordinate da Manson ai suoi seguaci per cercare di depistare le indagini e far accusare i neri dell'omicidio.

L'ultimo omicidio attribuito a "The Family" fu quello di un membro stesso della setta, Donald Shea (soprannominato "Shorty"), colpevole di aver denunciato l'organizzazione e di aver sposato una donna nera. Venne brutalmente ucciso il 26 agosto 1969 e la sua salma venne tagliata in nove pezzi.

L'attività criminosa della "Famiglia" continuò incontrastata per quasi due anni, fin quando l'avvocato Vincent Bugliosi, di origini italiane, riuscì a trovare dopo molte indagini le prove che incastravano Manson. Inoltre alcuni seguaci lo tradirono; testimone chiave nel processo fu Linda Kasabian, la ragazza che ricoprì il ruolo di "palo" la sera del 9 agosto 1969. Charles venne così arrestato per quello che venne ricordato come Il caso Tate-LaBianca e venne accusato di essere il mandante degli omicidi.

Il processo

Nel 1970 iniziò il processo contro Charles Manson. Egli si presentò con una X incisa sulla fronte: in seguito, dopo diversi anni di prigione, Manson stesso modificò l'incisione sulla fronte facendola diventare una svastica. Il processo è entrato nella storia degli U.S.A. per la sua incredibile lunghezza: il solo dibattimento preliminare durò quasi un anno. Charles non confessò gli omicidi della sua banda, né di altre azioni criminali; Susan Atkins invece, rivelò che Manson aveva programmato di uccidere in seguito nomi noti nello show business come Liz Taylor, Steve McQueen, Richard Burton e Frank Sinatra, pur non avendo prove materiali a sostegno.

Il 29 marzo 1971 il processo si chiuse con la condanna a morte di tutti i componenti della "Famiglia", ma nel 1972 lo Stato della California abolì la pena di morte, e Manson e la sua setta vennero spostati dal braccio della morte al carcere, con pena commutata in ergastolo.

Il 25 maggio 2007, presso il carcere di Corcoran, l'undicesima udienza richiesta da Manson per ottenere la libertà vigilata è stata respinta. L'uomo, 74 anni al tempo del processo (di cui 42 trascorsi in carcere), non era presente all'udienza, ma dichiarò alla stampa tramite il proprio avvocato che nel 2012 avrebbe presentato puntualmente la sua dodicesima domanda di rilascio.

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lunedì 7 febbraio 2011

Il lobotomista

Il lobotomista 



Negli anni '30 Walter Freeman effettuò la prima lobotomia. Pochi anni dopo si manifestarono tutti i suoi devastanti effetti.
Freeman , sviluppò una versione che prevedeva di raggiungere il tessuto del lobo frontale attraverso i dotti lacrimali. Nella lobotomia transorbitale, veniva usato un maglio per permettere al punteruolo chirurgico (ovvero una sorta di rompighiaccio lungo 20 cm e spesso 5 mm) di trapassare lo strato osseo appena al di sopra della palpebra. Il punteruolo veniva quindi mosso energicamente al fine di danneggiare il lobo frontale. Questa tecnica poteva essere eseguita ambulatorialmente, invece che in sala operatoria, e richiedeva soltanto pochi minuti. Freeman raccomandava questa procedura anche ai pazienti con lievi sintomi e come risultato, la praticò su migliaia di persone.
La lobotomia è stata a lungo criticata da esponenti del settore medico. Con l'avvento negli anni cinquanta della clorpromazina, tale pratica cominciò a sembrare barbarica e cadde rapidamente in disuso.

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domenica 6 febbraio 2011

Delitti : La Vendetta Del Branco

Delitti - La Vendetta Del Branco

La vendetta del branco Il 29 settembre 2002 a Leno viene scoperto il cadavere di Desirèe, 14 anni. È stata uccisa da tre minorenni e da un adulto, sposato e padre di un bimbo.
La vittima conosceva fin dall'infanzia (o comunque da molti anni) i suoi killer, che abitavano tutti in via Romagna a .Anche il luogo in cui avvenne il delitto (la "Cascina Ermengalda" sita in via Abruzzo) si trovava nelle immediate vicinanze delle abitazioni di vittima e carnefici (via Romagna).
L'idea parte il da Nicola e Nico che dopo aver deciso di violentare Desirée si accordano tra loro stabilendo l'ordine con cui avrebbero violentato la ragazza. Il tutto avvenne in una discussione in via Romagna davanti alla loro abitazione e poco lontano dal luogo dell'omicidio, Cascina Ermengarda.
La mattina del 28 settembre Nicola acquista un caricabatterie adattabile al cellulare di Desy, un sacchetto di cellofan per nascondere gli indumenti sporchi di ed infine, nel supermercato del paese, un coltello da cucina con una lama di 20 cm. Nico si occupò di procurarsi delle fascette autobloccanti per l'immobilizzazione della loro giovane vittima.
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Le Condanne

In primo grado il procuratore Emilio Quaranta del Tribunale dei minori di Brescia condannò il 19 marzo 2003 Nicola a 20 anni di carcere, Nico a 18 e Mattia a 14 anni di reclusione. La Corte d'appello il 20 ottobre 2003 ridusse le pene di Nicola da 20 a 18 e di Nico da 16 anni a 15 anni e 4 mesi.

Nicola, Nico e Mattia sono stati infine condannati, in via definitiva, a 18, 15 e 10 anni. Erra con la sentenza in Corte di Cassazione del 28 gennaio 2005 è stato condannato a 20 anni di reclusione con la richiesta di inasprire la pena. Il 4 novembre 2005 Erra è stato condannato dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano a 30 anni di carcere, quindi finirà di scontare la nel 2035 a quasi 70 anni d'età. Tuttora Erra si trova nel carcere di Canton Mombello a Brescia.

sabato 5 febbraio 2011

Delitti : Il Nano Di Termini

Delitti.Il.Nano.Di.Termini

Forse non tutti sanno che il film "L'imbalsamatore" di Matteo Garrone (2002) è liberamente tratto da una vicenda realmente avvenuta nella torrida estate romana del 1986, quella dei mondiali in Messico. Protagonista dei fatti è il nano della stazione Termini. Un bel ragazzo che viene dalla profonda periferia romana di Casal Bruciato sulla Tiburtina, si presenta al laboratorio di tassidermia "Igor". Ha letto un annuncio di lavoro sul giornale e vuole comprarsi la moto, una Honda NSF 125. Di lui si innamora ossessivamente il titolare della ditta, Domenico Semeraro, detto Mimmo, un metro e trenta centimetri d'altezza. Cristiano Armati e Yari Selvetella nel loro libro "Roma criminale" raccontano le abitudini di questo piccolo uomo originario di Ostuni, che ogni sera, con il suo foulard rosso al collo "esce dalla casa-laboratorio di via Castro Pretorio 30 e raggiunge a piedi la vicina stazione, in cerca dell'avventura di una notte, o dell'amore per ragazzi ingenui, possibile preda di un baratto tra la bruttezza e il denaro, tra l'attenzione che il mondo nega loro e l'asfissiante cura che lui è disposto a donare". Armando, un bel ragazzone moro, vuole la moto. E Domenico vuole lui. Le conseguenze sono: un contratto di lavoro regolare e un rapporto patologico fatto di soldi e droga, velocità su due ruote e festini notturni. Ma non ci sono solo loro due in quel laboratorio dove vengono imbalsamati piccoli animali: c'è anche Samantha, l'altra assistente di Mimmo, una ragazza sola, con genitori distratti. Anche lei consuma la droga che le offre il nano-datore di lavoro, anche lei viene ritratta in pose oscene, proprio come Armando. Si innamorano. Il nano impazzisce di gelosia. Lei rimane incinta, la fanno abortire. Di nuovo, aspetta un figlio. Questa volte nasce una bambina. Armando vuole rimettersi sulla buona strada e vivere con Samantha, abbandonare il nano, le orge e gli stupefacenti. Ma Mimmo li ricatta: ci sono le foto pornografiche di entrambi, ci sono conversazioni telefoniche che scottano. Per i familiari di entrambi i ragazzi sarebbe uno shock. Il nano riesce ancora una volta a incastrare il giovane, promettendogli soldi, lusso. E soprattutto nuovi ricatti. "E' la notte tra 25 e 26 aprile 1990. Alle 3.15 del mattino - si legge su “Roma criminale” - davanti al laboratorio di Castro Pretorio , mentre Armando è intento ad aggiustare un nuovo motorino, scoppia una lite furibonda tra il nano e Samantha, che li ha raggiunti per cercare di impedire la partenza". “Il nano brandisce un bisturi (...) Armando che finalmente ha preso coscienza della propria statura, forza e responsabilità, afferra il nano per il foulard da dandy che porta al collo. Mimmo si dibatte e lui lo stringe più forte, lo solleva da terra, tirandolo su per il fazzoletto. Mimmo pesa meno di 50 chili. Armano lo scaraventa a terra e continua a stringere, finché il nano non muore. E' morto ma lui prende a calci il cadavere, la tira fuori tutta, all'improvviso, la sua rabbia.". Il nano finisce dentro un sacco della spazzatura, e poi viene gettato dai due giovani in una discarica di via di Lunghezzina, vicino alla borgata di Corcolle. Armado sarà condannato a 15 anni di carcere, Samantha a un anno con la condizionale, per averlo aiutato ad occultare il cadavere. 

Delitti : Il Giallo Di Posillipo

History Channel - Delitti : Il Giallo Di Posillipo
Il giallo di Posillipo
Napoli, 1981
31 marzo 1981. Napoli, zona Posillipo. Anna Grimaldi Parlato, ricca imprenditrice e giornalista del Mattino, viene uccisa nel giardino della sua villa, con cinque colpi di pistola. Potrebbe essere la malavita, potrebbero essere gli affari della donna. E invece no. Al processo ci finisce Elena Massa, collega della vittima al Mattino di Napoli ma soprattutto moglie di un altro giornalista, Ciro Paglia, amante della Grimaldi. Ma Elena Massa viene assolta, e l’assassino di Anna Grimaldi resta libero. Poi, quasi vent’anni dopo, arrivano le rivelazioni di due pentiti: Anna Grimaldi non doveva essere uccisa ma “solo” gambizzata per sollecitare la sua ricca famiglia a pagare per il riscatto di Gianluca Grimaldi, nipote di Anna e rapito due mesi prima il suo omicidio. Ma il killer ha sbagliato mira e Anna è morta, ammazzata. 

Nome: ELENA MASSA
Nata a: Napoli, 9 luglio 1933
Vittima: ANNA PARLATO GRIMALDI, 45 anni, uccisa a Napoli, il 31 marzo 1981
Arresto: 27 giugno 1981
Condanna: ASSISE (21 dicembre 1984): assolta per non aver commesso il fatto; APPELLO (20 gennaio 1987): assolta per insufficienza di prove; CASSAZIONE (23 maggio 1988): assolta per insufficienza di prove 

venerdì 4 febbraio 2011

Delitti : Il Boia Delle Prostitute

Delitti : Il Boia Delle Prostitute
Il boia delle prostitute
Verona, 1994
Verona, 1994. Cinque cadaveri di donne, tutte prostitute, sepolti nel campo di quello che sembra un contadino elegante e gentile. In realtà Gianfranco Stevanin è un serial killer sadomaso, che finisce le sue vittime dopo averle costrette a rapporti estremi. Un macabro collezionista del sesso.

Nome: GIANFRANCO STEVANIN
Nato a: Montagnana (Vr), 2 ottobre 1960
Vittime: ROSWITA ADLASSING, 23 anni, uccisa a Terrazzo (Vr) in data immediatamente successiva all’11 maggio 1993; CLAUDIA PULEJO, 29 anni, uccisa a Terrazzo (Vr) il 15 gennaio 1994; BILJANA PAVLOVIC,25 anni, uccisa a Terrazzo (Vr) fra il 18 settembre 1994 e il 15 novembre 1994; BLAZENKA SMOLJO, 24 anni uccisa a Terrazzo (Vr) fra il 5 giugno 1994 e il 31 luglio 1994; RAGAZZA NON IDENTIFICATA uccisa a Terrazzo (Vr) in data imprecisata antecedente al 16 novembre 1994
Arresto: 16 novembre 1994
Condanna: ASSISE (28 gennaio 1998): ergastolo più 3 anni di isolamento; APPELLO (7 luglio 1999): 10 anni e sei mesi; CASSAZIONE (23 marzo 2001): ergastolo