Delitti : La Gabbia Del Canaro
Un delinquente terrorizza un quartiere di Roma. Ma Pietro De Negri, toilettatore per cani, ha deciso di vendicarsi facendo il bullo a pezzi. Letteralmente.
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Pietro De Negri, detto Er Canaro (Calasetta, 28 settembre 1956), è un criminale italiano, toelettatore di cani (da cui il soprannome) del popolare quartiere romano della Magliana. Il 18 febbraio 1988, a 32 anni, entrò nella cronaca nera per l'uccisione dell'ex pugile Giancarlo Ricci.
Il cosiddetto delitto del Canaro è indicato nelle cronache nere come uno dei più efferati crimini condotti in Italia dal dopoguerra, particolarmente brutale perché la vittima, prima di essere uccisa, subì torture e mutilazioni.
L'omicidio di Giancarlo Ricci di giovedì 18 febbraio 1988
Da tempo De Negri subiva prepotenze ed angherie da Giancarlo Ricci, che gli chiedeva tangenti ed al contempo gli forniva cocaina a credito, ottenendo pagamenti con minacce e percosse. Il 18 febbraio 1988 Ricci si presentò per l'ennesima volta nel negozio di Pietro De Negri per esigere altro denaro. Questa volta, però, De Negri aveva organizzato una trappola contro il suo aguzzino: gli disse che aveva bisogno del suo aiuto per rapinare uno spacciatore di cocaina che sarebbe dovuto arrivare poco dopo nel negozio. Pietro disse a Ricci di nascondersi all'interno di una gabbia per cani. Una volta chiuso Giancarlo nella gabbia per cani, il Canaro chiuse i chiavistelli.
Sotto effetto di cocaina De Negri sottoporrà Ricci a torture e sevizie per sette ore prima di ucciderlo. In questura dirà:
« Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell'infame »
Alle tre del pomeriggio incominciò la tortura. De Negri tramortì il Ricci con una bastonata in testa, lo tirò fuori dalla gabbia e lo legò, poi gli troncò le dita, gli amputò orecchie e naso e gli tagliò anche i genitali. Per impedire emorragie dalle ferite, uccidendo troppo in fretta la vittima, cauterizzava con della benzina a sua volta incendiata.
Il De Negri teneva acceso il proprio stereo a volume altissimo, come era sua abitudine, coprendo le grida di Ricci, motivo per il quale egli poté operare indisturbato, senza che nessuno dei vicini potesse udire alcunché.
Verso le quattro del pomeriggio De Negri interruppe il suo macabro lavoro perché doveva andare a prendere la sua bambina di sette anni che usciva da scuola. La salutò affettuosamente come nulla stesse accadendo e la accompagnò a casa da sua madre.
Tornò infine in negozio dove Giancarlo era agonizzante e finì il lavoro. Ricci morirà soffocato dalle parti mutilate introdotte in bocca a forza.
Alle dieci di sera, De Negri legò il cadavere, lo avvolse nella plastica, lo mise nel bagagliaio dell'auto e, arrivato alla discarica di via Enrico Cruciani Alibrandi nel quartiere Portuense, lo cosparse di benzina e gli diede fuoco.
Il ritrovamento del cadavere
La mattina dopo alle 8 e mezza nella discarica un contadino notò un sacco che ancora bruciava. L'uomo rimase colpito dalla forma, una forma umana. Non gli fu difficile capire che si trattasse di un cadavere che, oltre ad essere semicarbonizzato, si presentava orrendamente mutilato, le dita, il naso e le orecchie erano state staccate, era stato evirato, il cranio era stato spaccato ed era stato tolto il cervello.
Subito sembrò un regolamento di conti tra spacciatori che non rispettavano le regole, ma i sospetti in poco tempo portarono a Pietro De Negri grazie a una testimonianza di un amico di Giancarlo:
« L’ultima volta che ho visto Giancarlo è stato ieri pomeriggio: l’ho accompagnato ad un appuntamento che aveva in un negozio di toilette per cani, in via della Magliana 253. Poi non l’ho più visto. »
La vicenda giudiziaria
Il 20 febbraio 1988, due giorni dopo l'omicidio, il Canaro venne arrestato e per nulla pentito poco dopo l'arresto disse:
« Guardate che gli ho fatto al grande pugile! L'ho smontato pezzo per pezzo, e ci sono riuscito perché lui era più grosso, ma io sono più intelligente »
Venne fatta sul Canaro una perizia psichiatrica che stabilì che al momento del delitto non era capace di intendere e di volere e che presentava manie di persecuzione e un'intossicazione cronica da cocaina. Proprio perché in carcere dovette smettere di usarla, ed in seguito a ciò la sua pericolosità scomparve del tutto.
Poi raccontò minuziosamente i fatti:
« Gli ho amputato le dita, poi gli ho tagliato le orecchie, il naso, i genitali. Gli ho detto: adesso non sei più neanche un uomo. Lui è svenuto io ho bruciato le ferite con la benzina per fermare il sangue e l'ho fatto rinvenire. Parlava troppo, continuava a insultarmi così gli ho tagliato la lingua. Ma non voleva saperne di morire, quell'infame. Alla fine gli ho sfondato la testa e lavato il cervello »
Il 12 maggio 1989, dopo poco più di un anno di carcere tornò in libertà, ma vi rimase per poco perché al processo di appello venne disposta una nuova perizia e i due professori incaricati, il dottor Carrieri di Bari e il dottor Pazzagli di Firenze conclusero che era semi-incapace di intendere e di volere al momento del delitto.
La sentenza definitiva fu di 24 anni di carcere ma dopo 16 anni il Canaro venne scarcerato per buona condotta, avendo mantenuto un comportamento esemplare e aiutando i detenuti extracomunitari e malati di Aids. De Negri tornò in libertà il 27 ottobre 2005, ritornando ad abitare in via Andersen al Quartaccio con la figlia che ora ha 27 anni e la moglie Paola. È tuttora affidato ai servizi sociali e fa il fattorino in uno studio legale con i seguenti obblighi:
deve rimanere in casa dalle 21 alle 7 del mattino
non può frequentare pregiudicati
non può frequentare luoghi di ritrovo
non può uscire dalla provincia di Roma
All'uscita del carcere, nell'ottobre 2005, il Canaro fece una richiesta pubblica: Per favore, dimenticatemi.
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